LA VITA E’ UN MISTERO, MA NON TROPPO

Questo ragionamento spontaneo è una certezza che molti condividono.

Indubbiamente il Creatore di tutto l’Universo nella sua magnanimità ha voluto dare origine anche questa piccola sfera chiamata Terra il nostro pianeta, con la natura, la vita e la comparsa dell’uomo con la sua capacità intellettiva.
Se questa Grande Opera è la base di un percorso non casuale ma sovrannaturale, evoluto, dobbiamo anche pensare che il Creatore è perfettamente a conoscenza di come è fatto il mondo e di come siamo fatti noi. Lui può decidere ogni cosa come se tutto fosse, in un certo senso programmato, stabilito.
Il mio pensiero in tal proposito è che tutto possa essere stato avviato attraverso il seme radicato nella natura, quello che noi definiamo codice genetico (DNA). In questa vita noi possiamo anche ereditare, attraverso i molteplici incroci dalla nostra progenie, almeno fino alla quarta generazione, il seme “cattivo” o codice imperfetto così da determinare il perpetuarsi di condotte di vita sbagliate o, nella peggiore delle ipotesi, una inesorabile malattia letale.
Allora viene da chiederci: se il Creatore Dio è amore infinito, da dove ereditiamo il seme cattivo?
E’ dovuto all’intromissione di un’entità negativa che per invidia è entrato nel disegno divino del Creatore.
Dobbiamo però anche ipotizzare che il Dio, attraverso la genesi, abbia deciso di creare dei “ceppi di appartenenza” che chiameremo “ceppi divini” o “ceppi dell’anima”, cioè l’appartenenza dei fratelli alla stessa natura umana, che non riguarda le affinità tra elementi chimici che si riscontrano tra le persone, tanto meno ai moti dell’anima, ma è la capacità di riconoscersi totalmente, attraverso il dono divino ricevuto.
Il Creatore concede a tutti qualcosa, che va oltre quello che riceviamo alla nascita. La nostra anima.
Beati coloro che apprezzano il dono ricevuto e sanno riconoscersi nel proprio “ceppo divino” e trarre beneficio per sé e per gli altri.
E non arrivare un giorno a sentirsi dire: tu non sai quello che ti sei perso.
Capire fino in fondo il senso di quello che facciamo e quindi, mettersi sempre in discussione può favorire una benevolenza.

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